Etica della cura
Supplemento a Studi di teologia
Anno 2019
N. 17
Introduzione
L’etica della cura è un orientamento della bioetica che, in risposta e in reazione alle tendenze etiche che sottolineano l’imparzialità e l’universalità di istanze come la giustizia e l’autodeterminazione dei soggetti, mette invece in risalto la partecipazione, la concretezza della relazione e la vicinanza umana. All’autonomia delle etiche liberali, l’etica della cura contrappone l’alterità in relazione, l’essere con l’altro e vicino all’altro. All’etica dei princìpi, talvolta declinati in modo troppo astratto e teorico, preferisce l’etica dell’incontro tra persone uniche ed in carne ed ossa. Nata all’interno del pensiero femminile (un’autrice come Carol Gilligan è un punto di riferimento), l’etica della cura è “l’attitudine a integrare, nella pratica sanitaria, competenza tecnica e sensibilità umana” oppure “un appello alle persone a prendersi cura reciprocamente del destino dell’altro in modo responsabile in un processo di reazione alla vulnerabilità”[1].
Tra le tante ricadute, l’etica della cura spingere ad “umanizzare i servizi socio-sanitari”. L’invito è di partire dalle persone reali, che vivono in contesti reali, immerse in una rete di relazioni, nella consapevolezza delle differenze e delle somiglianze, piuttosto che istruire il tema della cura in termini esclusivi di bilanci, numeri e big data. Giustamente, l’etica della cura nasce dall’insoddisfazione verso le etiche procedurali, astratte e totalmente incentrate sull’autonomia individuale. Essa invita a mettere in discussione il paradigma etico razionalista e autonomista integrandolo con la dimensione dell’alterità partecipata. La domanda finale è se basti un riequilibrio interno o se non sia necessario un paradigma nuovo in grado di rendere ragione della pluralità di prospettive. Gli aggiustamenti a paradigmi lacunosi si portano dietro le tare ereditate e non rappresentano una vera alternativa.
Altri ambiti toccati dall’etica della cura sono, in particolare, la considerazione della malattia e del malato, i sistemi della pratica clinica, le modalità culturali dell’assistenza, il rapporto medico-paziente-famiglia, ecc. Sicuramente l’etica della cura è specchio di dinamiche culturali ampie ed articolate, soprattutto in un clima segnato dalla tecnicizzazione della medicina, dall’aziendalizzazione dell’assistenza e dalla solitudine del malato[2].
L’etica cristiana sembra essere ben posizionata per accogliere le istanze dell’etica della cura. Anzi, a dirla tutta, sarebbe difficile pensare all’etica della cura se non come ad uno sviluppo di un “capitale preso in prestito” dal cristianesimo[3]. Se c’è un contributo che la fede cristiana ha portato alla cultura antica è stata l’attenzione alla persona in quanto creatura unica e preziosa agli occhi di Dio, la cura per ogni fase della vita umana (da quella prenatale alla quella terminale), l’organizzazione di forme di assistenza che andasse incontro alle fragilità delle persone. Nella storia dell’etica della cura c’è un prima e c’è un dopo rispetto all’impatto sociale del cristianesimo.
Ciò non vuol dire che l’etica cristiana non debba continuamente mettersi in discussione per verificare se stia coltivando una visione morale all’altezza dell’evangelo biblico. Nessuno può vivere di rendita e nemmeno si può pensare che la mera evocazione delle “radici” cristiane della cultura occidentale sia sufficiente per mantenere e sviluppare pratiche di cura degne del cristianesimo[4]. Ben venga, quindi, una rinnovata riflessione che speriamo possa alimentare un’etica della cura buona, utile e contagiosa.
Leonardo De Chirico
[1] Così Corrado Viafora, Renzo Zanotti, Enrico Furlan (a cura di), L’etica della cura. Tra sentimenti e ragioni, Milano, FrancoAngeli 2008, rispettivamente pp. 18, 20-21. Per un’introduzione si veda anche Michele Aramini, Prendersi cura. Custodire la persona nel tempo della malattia, Milano, Paoline 2009 e M. Savi, P. Cattorini, A. Novarini, A. Mazzucchi, Per una bioetica della cura, Parma, Mattioli1885 2010.
[2] Utili letture introduttive sono alcuni fascicoli della nostra rivista: Aa.Vv., “La malattia secondo la Bibbia”, Studi di teologia VII (1996) N. 16 e Aa.Vv., “Le vie della guarigione”, Studi di teologia XIX (2007) N. 37.
[3] “Borrowed capital” è un’espressione del teologo riformato Cornerlius Van Til (1895-1987) a proposito della tendenza di correnti di pensiero che, per quanto si pensino come sganciate dal e talvolta in contrapposizione al cristianesimo, non fanno che prenderne a prestito le idealità, vivendo quindi di rendita.
[4] Ad esempio, in campo cattolico romano, tutta l’enfasi di questo pontificato sulla concezione della chiesa come “ospedale da campo”, per quanto suggestiva sia, non rischia di promuovere un’etica della cura parziale e lacunosa? Se il compito dei cristiani è accogliere i malati del nostro tempo e poco più, che ne è della diagnosi cristiana che siamo tutti peccatori, quindi “malati”, anzi “morti”, bisognosi di pentimento e di conversione a Cristo, senza la quale non si dà guarigione cristiana? Per quanto buone siano le intenzioni, l’accoglienza misericordiosa senza l’annuncio coraggioso dell’evangelo non è cura perché non affronta la malattia fondamentale di tutti. Un simile rischio lo affrontano le opere del protestantesimo ecumenico. Per quanto siano encomiabili gli sforzi volti ad accogliere gli ultimi (migranti e profughi, ad esempio), la cura cristiana senza annuncio evangelico che siamo morti nei nostri peccati e che solo Gesù Cristo può salvarci sarà un’attività al massimo umanista, ma non ancora pienamente cristiana. L’etica evangelicale, dal canto suo, è spesso ancora troppo caratterizzata da slanci frammentari ed emotivi, non ancora metabolizzati all’interno di una visione del mondo biblica in grado di farli fuoriuscire dall’occasionalità e dalla scarsa capacità di fare rete.
Sommario
Articoli
Alessandro Piccirillo, Personalismo relazionale nell’etica della cura: piste per una riflessione
Leonardo De Chirico, L’etica della cura tra responsabilità sacerdotali, profetiche e regali
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Cura e professioni socio-sanitarie: questioni e criticità
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