Jonathan Edwards (1703-1758)
Studi di teologia
Nuova serie
Anno XV 2003/1
N. 29
Introduzione
Jonathan Edwards (1703-1758) è stato definito l'"Agostino americano" (Richard Niebuhr) o, più semplicemente, ma non meno significativamente, il "teologo d'America" (Robert Jenson). Prendendo in rassegna i dieci testimoni più incisivi del pensiero cristiano, uno storico come Alister McGrath colloca Edwards accanto ai grandi nomi quali Atanasio, Agostino, Anselmo, Tommaso, Luterò, Zwingli, Calvino, Barth e C.S. Lewis . Se queste definizioni sono plausibili, e niente fa pensare che non lo siano, una figura di tali dimensioni non può essere ignorata anche al di fuori del suo ambiente culturale e storico di provenienza. La sua importanza travalica il campo della teologia in senso stretto e investe quello della filosofia e della letteratura, della storia e della cultura. Il terzo centenario della nascita di Edwards è allora un'occasione propizia per fare i conti, in via provvisoria ma con decisione, con questo gigante della teologia evangelica del Settecento. Studi di teologia ha più volte dedicato dei numeri monografici per valorizzare la memoria di personaggi, eventi e documenti che hanno contribuito a forgiare l'identità evangelica nel corso dei secoli ed è felice di poter contribuire a sottolineare l'importanza anche di questo centenario.
Proprio il riferimento all'identità permette di introdurre brevemente la statura di Edwards. Nella sua dimensione storica moderna, l'identità evangelica è composta da due elementi fondamentali. Da una parte, c'è l'anima 'riformata' legata alla Riforma del XVI secolo con la sua riscoperta della teologia dell'evangelo incentrato su Gesù Cristo (solus Christus), rivelato nella Bibbia (sola Scriptum), donato gratuitamente per la salvezza (sola grafia), ricevuto per fede (solafide) e che spinge ad un impegno di vita che illustri la gloria di Dio soltanto (soli Deo gloria). Dall'altra, c'è l'anima 'risvegliata' legata ai grandi risvegli a partire dal XVIII secolo con la valorizzazione dell'esperienza della conversione personale e l'insistenza sulla missionarietà della chiesa verso un mondo perduto.
Il binomio tra le due anime è imprescindibile per un'identità evangelica fondata sul piano teologico e dinamica su quello missionario e culturale. Quando il rigore di un pensiero evangelico sottomesso integralmente a Cristo è unito alla passione evangelica per Gesù Cristo, la testimonianza evangelica può conoscere un salto di qualità considerevole. Le espressioni più alte ed autentiche dell'evangelicalismo sono il frutto della simbiosi feconda tra i lasciti della Riforma e dei risvegli. Ecco, Jonathan Edwards è sicuramente un 'riformato', erede del pensiero biblico riscoperto e valorizzato nel XVI secolo, ma altrettanto sicuramente è un 'risvegliato', appassionato sostenitore della necessità della conversione e della pietà cristiana. In lui si trovano intrecciati in modo fecondo i due elementi del binomio evangelico, forse in uno dei momenti più intensi che si siano mai verificati nella storia evangelica. La compenetrazione tra 'riforma' e 'risveglio' è la ragione che permette al pensiero di Edwards di presentare una vera compattezza tra mente e cuore, dottrina e cultura, teologia e vita, visione del mondo e azione che la mette in atto: insomma, un'ortodossia evangelica viva e palpitante!
Ogni tentativo di lacerare il matrimonio tra 'riforma' e 'risveglio' è deleterio per l'identità evangelica contemporanea. La 'riforma' senza 'risveglio' rischia di fare andare nella direzione del formalismo e del razionalismo. D'altra parte, il 'risveglio' senza 'riforma', con le sue idiosincrasie teologiche, le debolezze dottrinali e i pericoli di amnesia storica, porta all'evanescenza della testimonianza e al graduale inglobamento in orientamenti religiosi estranei alla fede evangelica. Non ci può essere vero 'risveglio' senza una 'riforma' che lo regge teologicamente, come non può darsi un'autentica 'riforma' che non produca l'effervescenza del 'risveglio '.
Nel 2001, in vista dell'imminente centenario, una prestigiosa facoltà di teologia evangelica americana ha organizzato un convegno dal titolo significativo: "Jonathan Edwards e il futuro dell'evangelicalismo". Il fuoco dell'iniziativa non era nostalgico, ma progettuale. Non si trattava di guardare indietro per nutrire il rimpianto, ma d'imparare dal passato per trovare un nuovo slancio. L'intenzione non era quella di rispolverare un pezzo d'antiquariato, ma di riflettere su un programma teologico per l'avvenire. In quest'ottica, il pensiero di Edwards è stato visto come un materiale importante per la costruzione dell'identità evangelica nel terzo millennio. Anche in Italia, il centenario di Jonathan Edwards può essere un'occasione provvidenziale per il futuro.
Leonardo De Chirico
Sommario
Articoli
Michael Haykin, “Un profilo biografico di Jonathan Edwards”
John Gerstner, “Edwards e la Bibbia”
Leonardo De Chirico, “La libertà della volontà nel pensiero di Edwards”
Andrea Ferrari, “Edwards, il peccato originale e la predicazione nell'età post moderna”
Sergio De Blasi, “Jonathan Edwards, teologo del risveglio”
Rassegne
Leonardo De Chirico, “Le opere di Jonathan Edwards”
Documentazione
Jonathan Edwards, “L'amore è contrario ad uno spirito egoista”