Le dinamiche della missione

 

Studi di teologia
Nuova serie
Anno XX 2008/1
N. 39

 

Introduzione

Missione è una di quelle parole che, nel corso della seconda metà del Novecento, è stata tra le più (ab)usate nel linguaggio cristiano. Sicuramente essa ha conosciuto una “trasformazione” significativa.

Per rimanere in ambito protestante, da un lato, vi è stata la tendenza del mondo ecumenico istituzionale a dilatare il senso della missione al punto da svuotarla dal suo profilo evangelico. Missione è stata sempre meno concepita in termini di annuncio della buona notizia imperniata sull’universale unicità di Gesù Cristo e sull’attesa di conversioni al cristianesimo. Si è fatta strada una comprensione della missione intesa come afflato solidaristico, dialogo inter-religioso, condanna del proselitismo (anche di quello biblicamente inteso senza il quale la testimonianza cristiana non esisterebbe). L’ironia (o la tragedia) è che la visione missionaria della Conferenza di Edimburgo (1910) è stata via via declinata in termini contrari a quella originaria. Si è verificato un trapianto del senso della missione: da un modello kerygmatico di annuncio ed azione a una “ONGizzazione” della missione. Oggi la missione è promossa come se fosse l’attività di un’Organizzazione Non Governativa qualsiasi.

D’altro lato, il movimento evangelicale ha faticosamente messo in discussione un modello individualista e spiritualista della missione ereditato dal neo-fondamentalismo. Dal Congresso di Losanna (1974) in poi si sono aperti spazi di riflessione autocritica, spesso sollecitati dal fatto che la crescita più impressionante del movimento sia avvenuta in paesi del Sud America, dell’Africa e dell’Asia. Per illustrare il punto, può essere utile ricorrere a due metafore: quella del Titanic e quella dell’arca di Noè. Nella visione neo-fondamentalista, la creazione è come il Titanic e, dopo lo scontro devastante con l’iceberg del peccato, non resta nulla da fare oltre che saltare nelle poche (e scomode) scialuppe di salvataggio. La nave affonda rapidamente, prende acqua dappertutto e Dio si interessa soltanto della salvezza spirituale dei suoi. Ogni tentativo di salvare la creazione di Dio è come sistemare la propria scrivania nel bel mezzo di un forte terremoto. Con quest’orizzonte, la missione dei cristiani è di portare più persone possibile nelle scialuppe di salvataggio. La prospettiva biblica emersa da Losanna in poi è diversa. La Scrittura non offre tanto una teologia della scialuppa di salvataggio, quanto una teologia dell’arca. L’arca di Noè non salva solo le persone, ma riesce a preservare anche le altre creature di Dio. L’arca ritorna sulla terra e da lì si ricomincia, si lavora nuovamente in tutti gli ambiti del mandato iniziale. Dopotutto, la redenzione che il Vangelo promette riguarda ogni aspetto della creazione e dell’esistenza. Le dinamiche della missione devono essere nutrite da questa visione olistica di trasformazione in vista dei nuovi cieli e nuova terra.

A questo proposito, un’interessante definizione di missione è offerta da Chris Wright: “La missione è quel processo dinamico per mezzo del quale Dio trasformerà la terra che è parte della sua creazione, quella terra che ora è rovinata dal peccato dell’uomo e dal potere del male, nei nuovi cieli e nuova terra della creazione re­denta. E la croce è il centro di questo processo storico e cosmico. Perché la sal­vezza appartiene non solamente al nostro Dio che siede sul trono, ma anche al­l’Agnello che è stato immolato, vale a dire a Gesù crocifisso e risorto”2. Si tratta di un approccio sufficientemente semplice e diretto, che sa essere efficace e compatto. Nella globalità di questa prospettiva si gioca, in un certo senso, la sostenibilità e lo sviluppo della testimonianza evangelica.

 Nel linguaggio missiologico anglosassone, si usa sempre più distinguere tra missionary e missional per marcare la transizione in corso nel mondo evangelico. Il primo termine (missionary) viene riferito alla comprensione tradizionale della missione come un aspetto della vita della chiesa. Una chiesa è “missionaria” se ha un’attenzione per la missione (in genere all’estero), dedica fondi alla missione, ha un programma continuativo di missione, sostiene missionari, ecc. Il secondo termine (missional) radicalizza il significato della missione e la mette al cuore della vita della chiesa. La chiesa non è anche missionaria (missionary), accanto ad altre qualifiche della sua vita, ma vive per la missione (missional): la sua ragion d’essere è la missione. Tutte le sue attività rispondono alla missione e hanno senso se sono animate da un progetto missionario. E’ chiaro che in questo senso, la parola missione dilata il suo significato per esprimere l’interezza dinamica della vocazione della chiesa che risponde al mandato di glorificare Dio e di gioire in Lui per sempre3. L’accento missional non è un’invenzione della missiologia contemporanea, bensì il recupero contestualizzato del vissuto missionario della chiesa del NT. Le dinamiche della missione devono porsi al servizio di modelli radicalmente biblici, convintamente evangelici e creativamente contestuali affinché il mondo creda nel Signore Gesù.

Un’ultima, breve, considerazione. Quest’anno Studi di teologia compie trent’anni (1978-2008). Già per il ventesimo anniversario è stata compiuta una riflessione corale sull’itinerario intrapreso4. Per quest’ulteriore decennio in avanti, basti un cenno al progetto iniziale della nostra rivista. Nel primo editoriale, si legge infatti che l’ambizione della rivista era di diventare “uno stumento di lavoro e di riflessione per allargare l’orizzonte teologico rappresentato nel nostro paese”. La convinzione di partenza era che “uno dei bisogni più urgenti per il nostro tempo” è “una fede che si pensi, che cerchi di essere il più possibile sé stessa attraverso un’indagine il più possibile rigorosa del suo contenuto dotttrinale e favorisca la formazione d’una coscienza specificamente evangelica, consapevole e coerente nel medesimo tempo col messaggio dell’Evangelo”5. Questa ambizione rimane più viva che mai. Forse non c’è modo migliore per celebrare questa ricorrenza di prendere sul serio la dinamica intrinsecamente missionaria della teologia evangelica.

Leonardo De Chirico – Giuseppe Rizza


Sommario

Articoli

  • Timothy J. Keller, “La missione che fa la differenza”

  • Timothy J. Keller, “La chiesa che vive la missione”

Note

  • Chris Wright, “La missione nella dinamica del regno”

Forum

  • Missione in Italia?

Segnalazioni bibliografiche