Girolamo Zanchi (1516-1590)
Studi di teologia
Nuova serie
Anno XXVIII 2016/1
N. 55
Introduzione
Al Rijks Museum di Amsterdam si trova un’incisione di Cornelis Claesz Duysend dipinta tra il 1640 e il 1699 in cui viene dipinto un candeliere con la scritta: “Het licht is op de kandelaer gestelt” (La luce è stata messa sul candelabro). L’autore, probabilmente H. Bergius Nardenus, raffigura in un ideale incontro gli esponenti più significativi della Riforma protestante, Hus, Wycliff, Zwingli, Lutero, Ecolampadio, Bucero, Calvino, Melantone, Knox, Flaccio Illirico, Bullinger, Zanchi, Beza, Perkins, Vermigli, eccetera. E’ interessante notare che l’immagine di Girolamo Zanchi (1516-1590) viene posta tra i massimi Lutero, Calvino e Zwingli. In questo modo sembra si voglia sottolineare il significativo contributo di un italiano alla Riforma del XVI secolo. Un personaggio che non era da meno a quelli più noti e che è forse stato ingiustamente trascurato.
Si sa che la storia religiosa italiana ha registrato forme di spiritualità opinabili. Anche al tempo della Riforma, chi prendeva le distanze dal cattolicesimo romano, scivolava spesso verso posizioni dottrinalmente discutibili e anche eretiche. L’eccitazione per la scoperta della Parola di Dio e una certa irrequietezza personale non erano sempre sottomesse all’autorità e allo studio della Scrittura. Si delineavano così forme di cristianesimo che coglievano alcuni aspetti e deviavano su altri. Con Zanchi non si ha a che fare con un libero pensatore, ma con un autentico pensatore capace d’incarnare e tradurre l’eredità dei Riformatori.
Per alcuni studiosi un simile profilo sembrerebbe andare di pari passo con un’inevitabile aridità. Gli eredi dei Riformatori, soprattutto se italiani, sarebbero persone condizionate dalla fissazione per il tema della predestinazione e cose di questo tipo. Vi sarebbe quindi in loro un’inaccettabile commistione tra scolastica aristotelica e teologia riformata. Certi ritratti molto prossimi ai tempi in cui vissero suggeriscono una lettura assai diversa. Una prima icona, è quella di Hendrik Hondius (Icones virorum, nostra patrumque Memoria illustrium, The Hague 1599). Una seconda, probabilmente dovuta a Theodore de Bry, è inserita in un’opera di Jean-Jacques Boissard (Bibliotheca chalcographica, hoc est virtute et eruditione clarorum virorum imagines, Heidelberg e Frankfurt 1669). Sotto ad ogni incisione si trovano testi latini che evocano qualche aspetto della vita di Zanchi. Essi hanno però un comune denominatore: Nulli Secundus Pietate. Per quanto concerne la pietà Zanchi non era considerato secondo ad alcuno. Una sintesi di questo tipo può dare un’idea del personaggio. La sua è una spiritualità capace di dire con forza e nelle categorie del suo tempo, una fede rigorosa ma per nulla intollerante; una fede travagliata dalle vicende della vita ma anche solida; una fede coerente ma anche impegnata nel favorire le relazioni delle chiese riformate. Una fede cristiana nel senso più profondo e pieno del termine.
A distanza di cinquecento anni dalla nascita può essere l’occasione per guardare a un simile personaggio non con la sufficienza di chi la sa sempre più lunga degli altri, ma con la riconoscenza di chi sa che la storia evangelica ha avuto testimoni di tale calibro.
Sommario
Articoli
Pietro Bolognesi, “Un cristiano riformato: Girolamo Zanchi (1526-1590)”
Alessandro Piccirillo, “La concezione della cena del Signore in Girolamo Zanchi”
Documentazione
Girolamo Zanchi, “La dottrina della predestinazione”