Parametri di evangelicità
Studi di teologia
Nuova serie
Anno XXXIII 2021/2
N. 66
Introduzione
Fece un certo scalpore, nel 1995, l’uscita di un libretto in Inghilterra dal titolo Il post-evangelico[1]. L’autore, Dave Tomlinson, proveniva dalle fila delle assemblee dei fratelli, poi divenuto carismatico, aveva infine coniato l’espressione “post-evangelico” per descrivere la sua fede andata in crisi rispetto ai parametri precedenti: ancora legata all’esperienza evangelica, ma anche divenuta qualcosa di diverso, di post-, di oltre. Non era niente di nuovo in realtà. Nel caso di Tomlinson, si trattava di un miscuglio di radicalismo libertario (contro la rigidità percepita delle chiese evangeliche), comunitarismo sociale (contro l’individualismo respirato) condito di dosi di barthismo dottrinale (contro il fondamentalismo prima fatto proprio). Il volumetto dava un nome ad un fenomeno di disagio nei confronti di un vissuto della fede evangelica (almeno com’era percepito dai protagonisti) che riprendeva l’etichetta “post-”, diventata a suo modo di circolazione corrente.
Il post-evangelico era una etichetta che segnalava l’emersione di un fenomeno di disaffezione verso una certa esperienza di fede evangelica senza per questo caratterizzarsi in un abbandono totale della stessa. Negli ultimi anni, il fenomeno dei delusi e dei perplessi si è evoluto e, in qualche modo, radicalizzato soprattutto negli USA[2]. Alcune storie di rigetto adirato della fede hanno portato a coniare una nuova parola: “exvangelico”, diventata a suo modo virale nei social media. Qui non si parla più di un cammino di fede che continua in una versione “post-evangelica” (qualunque cosa voglia dire), ma di una cesura netta dall’esperienza precedente che ora viene criticata aspramente, montandoci una vera e propria polemica contro. La fede “evangelica” precedentemente vissuta e ora ripudiata dagli exvangelici è un mix di elementi dottrinali propri della fede evangelica (l’inerranza biblica, l’esclusività di Gesù Cristo), di interpretazioni della sessualità contrarie all’omosessualità e alla fluidità di genere e di intrecci stretti tra l’evangelo e una cultura religiosa politicizzata (repubblicana, trumpiana, razzista, ecc.). La miscela di questi elementi è diventata così esplosiva da portare alcuni a non voler più essere associati a questo evangelismo e, dunque, a diventare exvangelici, cioè agnostici nella dottrina per non dire atei, aperti ad ogni tipo di vissuto di sessualità e politicamente progressisti.
Questo per dire che vi sono motivi contingenti per mantenere aperta la riflessione su cosa significhi essere evangelici. A ben vedere, tuttavia, questa attenzione deve essere un atteggiamento di costante vigilanza della fede evangelica che s’interroga su sé stessa, sui propri vissuti ecclesiali, sulle sue performance culturali. Quanto fedele è la nostra testimonianza di evangelici? Quanto profonda? Quanto estesa? Quanto radicata? Quanto slanciata? Quanto coerente? E’ possibile stabilire un tasso di evangelicità che metta insieme una serie di parametri vitali della fede cristiana?
“Evangelico” è una bella parola dal denso significato dottrinale, esperienziale e trasversale rispetto alle chiese e movimenti che hanno riconosciuto e riconoscono la Buona Notizia di Cristo nella storia e nel mondo. Mentre è giusto esercitare una vigile autocritica sulle incrostazioni talvolta patologiche che il termine può assumere, non dobbiamo cedere all’idea di sbriciolarne lo spessore al punto di polverizzarlo in una segatura spirituale priva di solidità. Non ci si deve nemmeno rassegnare ad una interpretazione (troppo) al ribasso delle esigenze della fede evangelica nel mondo da parte di chiese che portano il nome di “evangelico” senza veramente essersi mai fatte impregnare dalle sue istanze identitarie e quindi missionali.
[1] Dave Tomlinson, The Post-Evangelical, Londra, SPCK 1995.
[2] Dagli USA proviene l’ennesimo (ed interessante) titolo che s’interroga sul senso dell’essere evangelici: Thomas Kidd, Who is an Evangelical?, New Haven-London, Yale University Press 2019.
Sommario
Articoli
Pietro Bolognesi, “Tasso evangelico. Quanto evangelici siamo?”
Forum
Giuseppe Rizza e Tommaso Manzon, “Forum: Dichiarazioni evangeliche II, termometro dell’evangelicalismo”
Studio critico
Leonardo De Chirico, “Le relazione per ripartire”
Segnalazioni bibliografiche
J. Murray, La redenzione (D.G. Ursan) 175
H. Boersma, Seeing God (L. De Chirico) 176
G. Maspero, Dio trino perché vivo (L. De Chirico) 177
B. McGinn, La Summa Theologiae (L. De Chirico) 178
I. Calvini, Les articles de la sacre Faculté di théologie (P. Bolognesi) 181
S.C. Mekkey et all., Registres du Conseil … (P. Guccini) 181
J.R. Watt et al., Registres du Concistoire … (P. Guccini) 181
J.-M. Berthoud, Pierre Viret (P. Guccini) 183
P.M. Vermigli, I doni dello Spirito Santo (G. Emetti) 184
C. Groeben (a cura di), La Riforma incontra Napoli (L. Vitale) 185
N.A. Cumming, Francis Turretin (P. Bolognesi) 186
A. Kuyper, Lezioni sul calvinismo (R. Zarcone) 186
A. Kuyper, On Education (L. Stelluti) 188
J.-M. Berthoud, La révolution et les révolutions (G. Emetti) 189
I.M. Randall, Uomini e donne di solide convinzioni (P. Bolognesi) 190
G. Verwer, Confessions of a toxic perfectionist (P.P. Lazisi) 191